«La vita… è ricordarsi di un risveglio» è il celebre incipit della raccolta poetica del 1939 con il quale viene spesso identificata la poesia epigrammatica di Sandro Penna. Questo studio a tre è un esercizio di esegesi del suo nume poetico. Se l’espressione lirica implica soggettivazione, la sua interpretazione tende invece ad un certo grado di oggettivazione. Prima viene la creazione, poi l’ascolto e la lettura.
Il poeta è colui che interloquisce col nulla e lo trascrive; l’esegeta, più concretamente, dialoga con la materia poetica servitagli dall’artista. Valéry ha spesso ribadito che i versi hanno il senso che dà loro il lettore. Non è difficile, però, scadere nella mistificazione quando il testo diventa pretesto.
Gli autori, interpreti attenti e rispettosi, non sono incappati in questa trappola; possiedono sensibilità da non trasformare i versi in questione nel feticcio di una gratuita ermeneutica e la “pratica” filosofica operata sul componimento dà una coloritura inedita al libro.
La dovizia dei rimandi bibliografici fa inoltre di questo lavoro testuale un valido apporto alla critica su Penna, il quale, incurante delle mode e pur avendo conosciuto feconde stagioni di rilettura, rimane in fondo, dal pubblico, più amato che studiato. Queste pagine, corredate di due scritti del poeta perugino, intendono contribuire, nel loro piccolo, a tale riparazione.