Edizioni Solfanelli

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L'AUTORE

Bio-Bibliografia



LE OPERE

Massimo D'Azeglio

Nina pazza per amore







Paolo Pinto

MASSIMO D'AZEGLIO

Il sogno di una Italia diversa


Massimo D'Azeglio

     Massimo d’Azeglio, aristocratico torinese, presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, prima dell’avvento del conte di Cavour; pittore di successo, cui si deve la creazione di quadri in cui il disegno del paesaggio si accompagna alla ricostruzione di episodi esemplari e di figure significative; letterato e scrittore, autore di fortunati romanzi storici, e autore soprattutto di uno dei libri più affascinanti dell’Ottocento, I Miei Ricordi, è oggi ricordato distrattamente, a dispetto della sua importanza storica e della sua attualità politica. Il profilo di Paolo Pinto vuole per l’appunto rimediare a questo deficit di informazione, nella consapevolezza che la vita dell’Azeglio, al di là della piacevolezza degli eventi narrati, possa contribuire alla ricostruzione morale dell’Italia e degli italiani di cui oggi si avverte un gran bisogno.
     In un momento come l’attuale, in cui il mondo della politica sembra aver perduto prestigio e credibilità, e si auspica da ogni parte l’arrivo di una nuova classe dirigente più preparata, più onesta, più colta, più legittimata a governare, sarebbe certamente utile riflettere sul pensiero e sull’opera di Massimo d’Azeglio, e magari, perché no, rileggerne le opere: I Miei Ricordi, innanzi tutto, in cui l’autore ripercorre la propria vicenda umana, la vicenda di un aristocratico che appartiene a un mondo lontano e per certi versi già allora anacronistico, che si fa poco alla volta italiano e diventa uno degli artefici del nostro Risorgimento, e indica la via da seguire per fare dell’Italia una nazione e per costruire uno Stato moderno, rivendicando il primato della legge e la necessità di istituzioni parlamentari.
     D’Azeglio, rivolgendosi ai suoi contemporanei, li mette sull’avviso – anticipando in tal senso l’iniziativa politica del conte di Cavour – dell’opportunità di ricercare un punto di equilibrio tra innovazione e conservazione, cioè tra l’esigenza di avviare una coraggiosa politica sociale e quella, non meno avvertita, di salvaguardare le regole dell’organizzazione statuale. A ben vedere, il quadro di allora non è molto diverso da quello di oggi: i valori supremi erano allora l’indipendenza e la libertà; oggi sono la giustizia e la libertà. Ma, oggi come ieri, è necessario che tutti indistintamente, quale che sia lo stato sociale di appartenenza, facciano il proprio dovere «non perché diverte o frutta ma perché è dovere.» Difendere i valori supremi, dunque, e non dimenticare che, alla base di tutto l’edificio, ci sono la probità politica e il senso morale.




[ISBN-978-88-7497-722-2]

Pagg. 128 - € 10,00





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