Nel 2016 si festeggeranno i 200 anni del Barbiere di Siviglia. È il lavoro comico più popolare e più rappresentato del musicista che definì scherzosamente sé stesso “Il cinghiale di Lugo” — alludendo alle origini romagnole del padre — e che altri invece chiamarono “Il cigno di Pesaro”, la città dove è nato.
L’immagine di Rossini è quella dunque del burlone, del buongustaio,
dell’autore che scrive a raffica decine di opere e che si sa godere la vita.
Tutto vero? E come spiegare
l’improvviso e tenace silenzio a trentanove anni dopo il grandioso Guglielmo Tell, per finire poi venerato
come un “Giove olimpico”, ma fuori tempo e morire anziano nel 1868?.
Il testo di Mario Dal Bello indaga
le opere più importanti di Rossini, non solo quelle comiche, ma quelle serie che gli hanno dato fama, mostrandone tutta la luce solare che illumina il suo tempo e quello che verrà. Per intenderci, il tempo di Bellini, Donizetti, Verdi, Meyerbeer e addirittura Offenbach.
Ma tanta luce nasconde anni di tenebra fitta, di dolorose rinunce, di angoscia.
Il presente testo non trascura il lato sofferto dell’uomo e dell’artista. Necessario per comprendere la sorgente
dell’“orizzonte immenso” aperto
alla musica dal genio di Rossini.
Come scrive Virgilio Celletti nella Presentazione: «… c’è un Rossini ancora da scoprire e che di lui oggi può entusiasmare non solo la musica, ma anche la vita, forse da rileggere e da interpretare anch’essa come un’opera.»