In un paesino veneto, alcuni ragazzi vivono all’ombra di un ciliegio le sole ore spensierate di un’infanzia tristemente segnata dalla prima guerra mondiale e dalla Spagnola. Li lega un’amicizia che si rivelerà indissolubile anche quando, con l’avvento del fascismo, faranno scelte diverse sul piano ideologico e professionale.
Ci sarà chi diventerà rappresentante dello Stato, chi tenterà la via dell’arte, chi entrerà a far parte del Servizio Chimico Militare di Roma, chi diventerà musicista, chi si unirà ai partigiani e chi cercherà in tutti i modi la morte e la troverà nel modo più assurdo. Le leggi razziali, la seconda guerra mondiale, la sciagurata campagna di Russia, l’occupazione nazista e la guerra civile falcidieranno molti di loro. I superstiti dovranno imparare a convivere con il peso dei ricordi, a volte così spaventosi da far precipitare la psiche nella follia.
Anche il ciliegio fiorirà per l’ultima volta nella primavera del ’45; poi cesserà per sempre di dare frutti, così come non poterono più darne tante giovinezze travolte dalla ferocia della guerra.
In larga misura basato su carteggi e diari redatti dal padre dell’autrice in Russia e a Roma fra il 1942 e il 1945, questo romanzo è dedicato ai novantamila soldati dell’Armir caduti e dispersi in territorio sovietico, e a quanti morirono in tempo di guerra per pura crudeltà, per caso o per errore. Le microstorie di gente comune si intrecciano e si completano, versando una luce tenera e disperata su quello che è stato il periodo più difficile, doloroso e buio della nostra storia.