con due scritti di Leonardo Tondelli e Giancluca Valle
I Beatles costituiscono il mito della modernità nel secondo Novecento, così come Baudelaire, per ragioni storiche ed estetiche diverse, fu il mito della modernità nel secondo Ottocento. Il loro venire alla ribalta all’inizio degli anni Sessanta ha avuto lo stesso impatto delle avanguardie artistico-musicali primonovecentesche, come il Cubismo, il Surrealismo e la musica elitaria di Schönberg e Stravinsky, che hanno minato le convenzioni e i rituali performativi tradizionali.
Conosciuti da molti anche inconsapevolmente e spesso citati con superficialità da chi poco assiduamente li ha intrattenuti, i Fab Four sono qui scandagliati dall’autore nella loro discografia grazie ad alcune categorie interpretative feconde e multifattoriali. Il libro, ricco di delucidazioni sul valore dei vari album e sulla cifra stilistica di un sound che annuncia il rock sinfonico, si configura come un’esegesi della produzione e dell’estetica beatlesiana.
Giuseppe Grasso, lungi dal farsi irretire dai fatui richiami della beatlemania, ha preferito concentrarsi sullo specifico artistico della loro musica che si è sempre situata dalla parte di un pop raffinato e costruito in laboratorio. Conoscere i Beatles non significa solo ascoltare o apprezzare i motivi più orecchiabili o piacevoli. Significa comprenderne a fondo i testi, il messaggio poetico, l’insieme delle caratteristiche formali proprie del loro linguaggio musicale.
La narrazione dell’autore vanta un esercizio linguistico arioso e ricco di sfumature, una scrittura euritmica che si adegua nella forma alla mobilità del contenuto musicale, al punto che, leggendo i suoi bei commenti alle canzoni dei Beatles, da A Hard Day’s Night a Yesterday, da Nowhere Man a Oh! Darling, si ha l’impressione di sentirle suonare e cantare.
Completano il testo la qualificante Presentazione di Marco Peronaci e due interessanti scritti di Leonardo Tondelli e Gianluca Valle.