Non supera qualche manciata di righe lo spazio che la manualistica tradizionale riserva al futurismo musicale. Peggio ancora sul versante della cultura di massa: quasi nulla è stato assimilato, a parte il “rumorismo” e ben poco altro. Eppure, come sostenne il grande compositore italiano Alfredo Casella, il futurismo musicale fu «la prima manifestazione di uno spirito temerario, ribelle e svecchiatore che provenisse dall’Italia».
Cosa rappresentò, dunque, la declinazione sui pentagrammi della rivoluzione di Marinetti? Solamente qualche bizzarra trovata di Luigi Russolo e dei suoi strampalati macchinari per riprodurre il rumore? Soltanto una sterile meteora insignificante e minoritaria per le avanguardie europee successive? Oppure, come scrisse sempre Casella, «l’unico movimento artistico italiano che abbia avuto risonanza mondiale ed anche una universale influenza»? E quale esito pratico e compositivo ebbe tale ventata di nuovi principi?
In questo libro si tenta una macro-ricostruzione del fenomeno musicale futurista attraverso l’esposizione organica e commentata dei manifesti teorici dei suoi esponenti nell’intento di collocarlo correttamente all’interno del panorama artistico e musicale di inizio Novecento.