ovvero
l’illegale soppressione
della Fraternità Sacerdotale san Pio X
Nel maggio del 1975 la Fraternità Sacerdotale S. Pio X — congregazione di vita in comune senza voti (pubblici) fondata cinque anni prima secondo tutti i crismi del diritto canonico da mons. Marcel Lefebvre ad Écône in Svizzera, nel Vallese — fu soppressa dall’Ordinario locale unitamente al Seminario che ne costituiva la sua stessa ragion d’essere.
Secondo il diritto, solo al Papa spettava il potere di dissolvere una congregazione regolarmente istituita. O al vescovo diocesano, ma solo come esecutore dichiarato e dimostrato della volontà del Papa di sopprimere l’ente. Tale volontà doveva risultare da una pontificia “approvazione in forma specifica” della procedura di soppressione. Ma la prova di tale indispensabile “approvazione” non è mai stata fornita.
Si è trattato di un caso da manuale di abuso di potere, abuso che il presente saggio espone in dettaglio in tre densi ma lineari capitoli, con un’accurata analisi della documentazione esistente, dalla quale risultano inequivocabilmente le numerose e gravi irregolarità che viziarono l’intera procedura.
Vittima di una palese ingiustizia, mons. Lefebvre si rifiutò di obbedire. Continuò nella sua opera, appellandosi allo stato di necessità.
La “Fraternità” è oggi ben viva e vegeta, fiorente di vocazioni. Con l’aiuto di Dio, essa continua la sua indispensabile missione in questi tempi di grave crisi della Chiesa: formare sacerdoti di vita santa e di sana dottrina, mantenere la celebrazione della S. Messa di rito romano antico, la Messa sicuramente cattolica.
Nella breve Appendice l’autore riporta l’opinione di autorevoli cardinali, secondo la quale la Fraternità non ha mai dato vita ad un effettivo scisma.