Il romanzo storico propone immaginarie lettere scritte da Plinio il Giovane. Politico e cronista dell’antica Roma, in esse racconta a un amico le proprie esperienze personali e pubbliche; in particolare il contatto con i primi cristiani, vittime di persecuzioni sotto l’imperatore Domiziano.
L’autore fa un’ipotesi suggestiva. Insinua che Plinio, il quale in una celebre lettera a Traiano si dimostra piuttosto tollerante nei confronti dei cristiani, arrivi a cercare di convincere il neo imperatore che in fondo il cristianesimo sia una superstizione innocua. Vorrebbe così salvare i seguaci della nuova religione dalle sentenze dei governatori locali, i quali applicano ancora le sanguinose disposizioni del defunto Domiziano. Questa sarebbe una rilettura della storia comunque verosimile.
Nel romanzo, si intrecciano due periodi della vita di Plinio: quello giovanile e duro di Miseno, e l’altro, carico di responsabilità, prefettizia e consolare. Tra le innumerevoli missive pervenuteci dall’antichità, suscita curiosità proprio quella inviata a Traiano, da Amastri, in Bitinia, intorno all’anno 100 d.C. "Che motivo aveva il proconsole d’informare l’imperatore delle sue scelte forensi?" Dopo una valutazione storica e sociale per definire i contorni dell’epoca, l’autore giunge alla conclusione che Plinio tentò di provocare un caso che sollecitasse Traiano ad assumere posizione riguardo al potere giuridico consolare, per ridurre l’arbitrarietà dei governatori della Bitinia del Ponto e della Siria.