Il nipote di Rameau, testo memorabile di Diderot, fu tradotto da Goethe nel 1805 ed elogiato da Hegel nella Fenomenologia dello spirito. Può essere considerato il suo capolavoro filosofico-satirico, il libro in cui la dialettica del pensatore francese ha saputo raggiungere la sua massima e più compiuta espressione. L’opera, come ha detto Foucault, è «il delirio, realizzato come esistenza, dell’essere e del non-essere del reale».
La vicenda è narrata in forma di «dialogo immaginario» fra Rameau, nipote del celebre musicista nonché libertino adulatore, e Diderot, fra «Io» e «Lui», i protagonisti del dialogo, scissione vivente del soggetto che si coglie solo in una dialettica irrisolta reciprocità. Alla lettura critica di questo imponente «dialogo», colorito e complesso, proponiamo qui due scritti molto pertinenti e penetranti di Andrea Calzolari.
Come per tutti i grandi materialisti, da Epicuro a Marx, anche per Diderot il «materialismo» non è solo ipotesi conoscitiva sulla natura del mondo esterno, è critica della falsa coscienza, come dimostra l’autore, analisi radicale che demistifica l’ideologia, mettendo in giusta luce la posizione diderotiana come una delle punte avanzate di una cultura illuminista che aveva la vocazione della critica e dello smascheramento.
I due scritti di Ferruccio Masini posti in appendice, commento e contraltare ai saggi di Calzolari, riprendono, in tutta la ricchezza delle sue funzioni trasgressive e produttive di senso, quello stesso materialismo che da sempre il pensiero borghese si è sforzato di esorcizzare relegandolo al margine della storia umana, facendo rilevare la densità «molecolare» di scrittura e le «sotterranee specularità» dei paradossi di Diderot.