Il commento di Gustave Cohen al Cimetière marin, qui proposto per
la prima volta in italiano, è una pietra miliare nella bibliografia su Paul
Valéry, un testo che ha fatto epoca e che, pur risalendo al 1933, rimane
un classico. Lo studioso analizza diligentemente, strofa per strofa, le 24
sestine di decasillabi che compongono il capolavoro del poeta francese,
cercando di scoprire vaghe parentele fra il suo pensiero e i sistemi di
Lucrezio, Leonardo o Bergson.
Nato come corso universitario alla Sorbona e spiegato davanti a un
uditorio in cui figurava, non a caso, lo stesso Valéry, fu pubblicato in
volume con la lunga prefazione del poeta, Au sujet du “Cimetière marin”,
che è una sorta di «racconto ideale» sulle origini dei suoi versi e in cui
c’è anche un atto di riconoscenza verso il critico che aveva inteso ed
esposto compiutamente le intenzioni e le espressioni di un poema ritenuto
«oscuro».
Cohen ripercorre l’interno strutturarsi di questa composizione elaborata
scoprendovi un’architettura segreta, ripartita in quattro parti di vario tono
emotivo e tematico. Tre «voci» vanno a comporre il respiro del poema: il
«protagonista», che è il «Non-Essere» simboleggiato dal sole a picco,
il «deuteragonista», ovvero la «coscienza del poeta» che si abbandona
all’estasi, e il «tritagonista», l’autore stesso, che è insieme «attore» e
«spettatore» del dramma metafisico che contempla.
Alle analisi sul fondo concettuale del Cimetière marin, di cui sono messi
in luce i nuclei tematici, si alternano quelle sul piano stilistico-espressivo.
Cohen mette a fuoco lo specifico poetico di Valéry e riepiloga alcune
particolarità o anche arditezze della sua originale tecnica di versificazione,
passando in rassegna neologismi, arcaismi, latinismi, ellenismi e molto
altro, così da rendere più agevole la comprensione globale del testo.