Le Novelle della Pescara costituiscono la summa dell’esperienza novellistica di Gabriele d’Annunzio, il quale ritorna idealmente alla sua terra d’origine – l’Abruzzo lussureggiante e vitale – e pur riproponendo luoghi e personaggi dei racconti precedenti, va oltre l’elemento mitico e archetipico. Il Vate si lascia pervadere dalle nuove valenze simboliche e si affida alle sensazioni, reinterpretandole con nuove sensibilità letterarie ed elaborandole con una scrittura più ricercata e matura e una struttura più articolata.
Ciò dimostra che Le Novelle non sono un’esperienza o un caso sperimentato e risolto, ma si inseriscono nel continuum scrittorio di un autore che affacciandosi sul panorama letterario nazionale si confronta di volta in volta con le varie correnti, vi si cimenta, vi si cala, ma imprime sempre nell’opera il suo stile personale e fortissimo.
Difatti, leggendo queste storie si percepisce la presenza del d’Annunzio, narratore onnisciente e al di sopra del popolo raffigurato, dal quale si distacca nonostante l’uso del dialetto, scevro dei suoi elementi più gretti e tendente a una varietà di tipo regionale, per meglio contestualizzare le storie narrate e riprodurre l’espressività verace dei personaggi.