L’autore affronta il complesso fenomeno, tutto italiano, del precoce risveglio della letteratura e delle arti nella penisola italiana sin dall’epoca del disgregamento del Regno Italico e del dominio bizantino, espressione di quella società aristocratico-mercantile che contribuirà alla formazione delle Città stato nell’Italia centro settentrionale e all’illuminato stato federiciano, e poi angioino nel sud Italia, cui si può dare nome di Primo Rinascimento o di “Dolce stil nuovo”, creando i prodromi, dopo la crisi demografica e artistica dovuta a metà Trecento agli effetti devastanti della peste nera, della seconda grande fioritura rinascimentale, che fino ad oggi viene considerato come il Rinascimento vero e proprio, ma che in fondo non è che la continuazione di un processo di rinnovamento iniziatosi e sviluppatosi due secoli prima.
In particolare si sottolinea la fondamentale importanza dell’arte bizantina e dell’arte classica come matrici del rinnovamento italiano, lasciando al gotico di oltre alpe un ruolo secondario e non sempre determinante come vuole il Vasari, pur riconoscendogli in taluni casi, come in Giovanni Pisano e più tardi nell’arte cortese, un apporto artisticamente rilevante.