con due scritti di Patrick Labarthe
e Silvia Peronaci
Il trattato Di un certo consenso al dolore di Georges Blin, curato da
Giuseppe Grasso, viene presentato qui per la prima volta in versione
italiana. Si tratta di un testo del 1944 dove l’autore ricostruisce una
personale ‘teoria del dolore’ di cui percorre i territori con estrema
abilità. Si tratta di un lavoro pionieristico, non privo di una sua utilità
sperimentale oltre che dimostrativa.
Il dolore, visto come un’esperienza inalienabile, è attivo e volontario
e deve essere distinto dalla sensazione. Questa la tesi di Blin per il quale
la sofferenza, che non è solo un patire ma è anche un agire, presuppone
attenzione e interpretazione intellettuale e perciò, effettivamente, «un
certo consenso». A sostegno delle proprie idee egli si ricollega a René
Le Senne che interpreta il dolore come «contraddizione», un’incrinatura
non insuperabile e che anzi deve essere superata.
Pagine interessanti sono dedicate allo stretto legame che unisce
conoscenza e sofferenza, la cui «fitta» altro non è che il «pungolo»
dell’intelletto. A confermare il carattere «intellettivo» del dolore è il
«dialogo» che intrecciamo con esso. Più conosciamo, dunque, più
soffriamo. Una sentenza nota dai tempi di Eschilo e che l’autore
attualizza con esempi significativi da Montaigne a Valéry.
I due scritti di Patrick Labarthe e Silvia Peronaci, posti alla fine
del volume, offrono due letture diverse a partire dal testo sul dolore,
uno ricostruendo le implicazioni letterarie che vi sono sottese, l’altro
aggiornandone il dibattito filosoficamente. Il testo è seguito, in questa
edizione, dall’articolo L’incisione, il primo a fornire, a detta di Bachelard,
«gli elementi principali di una psicoanalisi materiale del desiderio
d’incidere». Una riprova delle fini capacità ermeneutiche dell’autore.