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Paul Gadenne
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Paul Gadenne, nato ad Armentières nel 1907 e morto a Cambo-les-Bains nel 1956, ha trascorso la maggior parte della vita in sanatorio. È stato uno dei più apprezzati romanzieri della sua generazione. Pubblicato da case editrici importanti come Gallimard e Julliard, recensito da noti intellettuali e critici letterari del suo tempo, è stato poeta, novellista e saggista di fama, entrando spesso in polemica con i contemporanei nonostante un’esistenza segnata dalla malattia che lo ha tenuto lontano fisicamente dai grandi centri di dibattito culturale.
Autore di un’opera ricca, esigente e innovatrice, attenta a coniugare tradizione e modernità, Gadenne, che s’inserisce nel filone letterario europeo della «nuova psicologia», ha scritto libri densi, lunghi e complessi, cambiando spesso stile e tonalità narrativa e imprimendo alla sua scrittura un andamento proteiforme. Egli è convinto che il romanzo, nonostante gli annunci costanti di una sua dissoluzione, sia un genere ancora possibile (e praticabile) perché capace d’illustrare dibattiti esistenziali e filosofici che toccano da vicino la vita di ognuno; e soprattutto perché noi «non desideriamo diventare migliori» ma «desideriamo principalmente sfuggire alla noia».
I suoi racconti e romanzi – da Siloé (1941) a Le vent noir (1947), da L’avenue (1949) a La plage de Scheveningen (1952), fino a Les Hauts-Quartiers (1973) e alla raccolta di novelle Scènes dans le château (1986), pubblicati postumi – anticipano elementi, aspetti e tecniche narrative del romanzo a lui successivo e, ancor più, testimoniano il grande ruolo che egli affidava alla scrittura proponendo e difendendo un’etica della letteratura certamente non più apprezzata dai suoi contemporanei. Vissuto in un’epoca che ha visto il dramma di due guerre mondiali, si è fatto portavoce del male di vivere dell’uomo contemporaneo e del suo desiderio di riscatto, consapevole che le parole hanno il potere di riflettere, rilanciare e restituire all’autore e al lettore quella Verità che ognuno ricerca incessantemente.
La sua opera narrativa, ancora pressoché sconosciuta al pubblico italiano, è stata riscoperta con ammirazione e meraviglia negli anni Ottanta. Da noi è noto soprattutto per le due novelle, pubblicate da Feltrinelli, La coccinella o le false tenerezze e La balena, quest’ultima salutata da Antonio Tabucchi nel 1985 come «un vero gioiello», come «un piccolo classico della narrativa francese del dopoguerra». Ricordiamo anche il testo A propos du roman, suggestiva campionatura delle sue cronache letterarie messe insieme nel 1983 da Hubert Nyssen per l’editore parigino Actes Sud, riflessioni brevi ma puntuali sull’arte narrativa, ricche di formule originali e di sapide annotazioni che ci restituiscono lo spunto dinamico e suggestivo di un interprete impegnato a riflettere sulla propria e sull’altrui esistenza.
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