Nella galleria dei personaggi “dannunziani” operanti sul Garda un posto di rilievo spetta certamente al conte Enrico Grassi Statella. Distintosi come combattente nella Grande Guerra, il capitano d’artiglieria Grassi, fascista della prima ora, martinista e massone, fu seguace ed intimo di d’Annunzio, al quale rese vari servizi. Il Vate lo disse “devoto a me e alla mia Causa ideale”. De Felice e Mariano, in sede di commento al carteggio d’Annunzio-Mussolini, lo definiscono un “velleitario delle lettere italiane”. Qui si ricordano e riportano alcuni dei suoi numerosi scritti.
Il 24 giugno 1929, dopo vari appelli a Mussolini, fu nominato prefetto a Taranto, dove combattè l’antico costume popolare della “scesa”. Perse però ben presto la prefettura. Il Duce, infatti, lo fuminò con un telegramma: “Ritenetevi nominato Prefetto per errore”. Da quel momento d’Annunzio non lo volle più sentire né vedere, nonostante i suoi molti tentativi di rinnovare l’antico legame.
Il 17 luglio 1921, conclusa da poco l’avventura fiumana, il Comandante si era confidato con lui affermando: “Questa odiosa discordia italiana mi sconfida. Credo che rinuncerò ad essere capo di gente così inquieta e smarrita”.