Sulla traduzione molto si è scritto e molto si scriverà in futuro. Il tema è molto vasto e altrettanto vasto è il dibattito suscitato dai vari aspetti del problema. L’atto traduttivo è strettamente collegato alla necessità umana di comunicare, di trasmettere conoscenza ma anche di allargare il proprio orizzonte conoscitivo. Si traduce la propria lingua in un’altra per intessere rapporti e stabilire legami, per descrivere modi di essere e di pensare. Il presente lavoro è una riflessione sulla fenomenologia del tradurre con una particolare attenzione al versante letterario (Jane Austen, Sarah Austin, George Eliot e James Joyce). Tradurre i classici significa innanzitutto dialogare con modelli letterari che, oltre a essere una sfida per il traduttore, si offrono al lettore sempre con nuove idee e nuovi mondi, continuando a rappresentare – anche in traduzione – la suggestività e il potere straordinario della parola.