Don Milani fu il tipico esempio di lupo travestito da pecorella, di ecclesiastico sedotto dalla Rivoluzione, sorta di Abbé Grégoire del Mugello. [...]
Memore dell’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo (“Ma il vostro parlare sia sì sì, no no, tutto il resto viene dal Maligno”, Mt. 5, 37) il volume collettaneo curato da Pucci Cipriani e Ascanio Ruschi ha il merito di smascherare il don Milani aureolato dei catto-marxisti e dei progressisti, mostrandone invece il vero volto e le opere, poiché è da queste che si riconosce l’albero buono: “Bona arbor bonos fructus facit” (Mt. 7, 17). Il don Milani di cui ci parlano Cipriani e Ruschi è alla continua ricerca di un “di più”, dell’inciampo, del tradimento e quindi del male travestito da bene. Il fatto che a farne le spese siano stati dei bambini e dei ragazzi è certamente una grossa e ulteriore aggravante.
Né conforta (a proposito di frutti) un certo discepolato milaniano: dal fotografo Oliviero Toscani, al Sindaco della mia città, Verona. Per fare solo due esempi. Del primo, tutti rammentano le ricorrenti campagne blasfeme. Per l’ex calciatore Damiano Tommasi, cattolicissimo bon butèl (bravo ragazzo, come si usa dire nella città scaligera) parlano i suoi atti, a cominciare dalla sua partecipazione alle parate dei sodomiti, al patrocinio comunardo ai libretti transgender, al sostegno all’utero in affitto e ai napoleonici massacratori dei suoi stessi concittadini, al tempo della gloriosa insurrezione delle Pasque Veronesi (17-25 aprile 1797). Insomma il peggio dell’Occidente consumistico, ultraliberale e perverso, sempre schierato con la Rivoluzione.
Sono certo che tutti i buoni si riconosceranno in quest’opera e nello spirito cattolico e autenticamente controrivoluzionario che la anima. Quella degli amici identitari e valoriali, come gli amici Pucci e Ascanio, è del resto una scelta di campo, dove per i vili e per gli opportunisti non c’è posto.
E mentre confidiamo nelle promesse della Santissima Vergine Maria a Fatima circa il prossimo trionfo del suo Cuore Immacolato, leviamo al Cielo il nostro sguardo (“ad te levavi oculos meos, qui habitas in caelis”, secondo le parole del versetto iniziale del Salmo 122). Giacché Dio solo può salvarci e far cessare il tempo della prova, di questa lunga e plurisecolare prova chiamata Rivoluzione, affinché essa duri non un minuto, non un secondo di più.