Il Messaggero, nato nel 1878 da un ceppo risorgimentale, garibaldino e settentrionale, genovese, con Luigi Vassallo direttore è un giornale seguito da una ristretta élite di lettori; ma già nel 1880 cambia pelle e direttore, il milanese Luigi Cesana, il quale con un gruppo di redattori vocati alla cronaca lo renderà decisamente più popolare; il Messaggero è l’unico giornale a criticare ferocemente le nobili famiglie romane che, improvvisandosi palazzinari, come i Ludovisi Boncompagni, si avviano a trasformare le loro ville in redditizie aree fabbricabili. Altra prerogativa del giornale è la difesa dei diritti civili, la denuncia delle magagne della politica, e le critiche rivolte alla disinvolta imprenditoria romana. Il processo per lo scandalo della Banca Romana porta allo scoperto le sostanziose mazzette distribuiti a tutti i giornali romani. Tutti meno il Messaggero che diventa il giornale di riferimento del sindaco Ernesto Nathan, mazziniano, già gran maestro della Massoneria, uomo di assoluta integrità morale.
La svolta in negativo per Il Messaggero (così come per tutta la stampa italiana), si materializza con l’avvento del ventennio fascista. L’epitaffio sulla pietra tombale della libertà di stampa lo aveva già scritto Mussolini: “Il giornalismo fascista è, deve essere, non può che essere, uno strumento della rivoluzione fascista”. La qual cosa viene confermata nel 1928 con l’istituzione dell’Albo dei giornalisti al quale non potevano essere iscritti, e “se lo fossero dovranno essere cancellati”, elementi che abbiano svolto attività in contraddizione con gli interessi della Nazione e del partito fascista. Con la costituzione del Ministero della Cultura Popolare la libertà di stampa è negata e i giornali devono attenersi agli ‘ordini alla stampa’, le categoriche ‘veline’ su cosa e come i giornali devono scrivere.
[ISBN-978-88-3305-590-9]
Pagg. 114 + ill. a c. - € 15,00
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