Maggio 1944: durante l’occupazione tedesca, un casolare immerso nel bosco della montagna teramana diventa il teatro di un disdicevole inganno. L’efferata vicenda è finora rimasta, forse volutamente, nell’oblio e trasmessa soltanto attraverso le dicerie dei nonni, spesso tronche e contraddittorie. Protagonista assoluto del libro è il dolore, quello vissuto da contadini e famiglie innocenti di Arsita, il paese dove essi erano costretti a vivere una precaria esistenza fatta di stenti e a subire, come fossero vittime sacrificali, il delirio della guerra sprigionato nella feroce lotta tra tedeschi, fascisti e partigiani. Le rigorose ricerche effettuate dall’autore vogliono restituire una visione di verità! Certamente si tratta di un libro che farà discutere.
Anche in questo scritto, il cui fine ultimo è la riscoperta della Memoria condivisa, Daniele Astolfi si caratterizza per una duplicità stilistica: egli cerca di elevarsi dal piano dell’indagine propriamente giornalistica a quello più alto e corale dello scrittore di romanzi storici. Si lascia infatti coinvolgere emotivamente nel descrivere le lacrime ed il sangue dei suoi personaggi ma poi diventa più riflessivo e, con un tono pacato e razionale, assume la veste di un potenziale giudice che non condanna né assolve, ma comprende.