Quando la bottiglia è finalmente vuota, debitamente scolata, sul fondo resta, se il vino è buono, il deposito, quella fanghiglia sottile di morchia che sta a documentare il residuo di un piacere con giusta lentezza degustato. Così, al termine di un libro o di un saggio, molto impegnato e ricco di copiose note a pié di pagina, mi trovo tra le mani capitoletti, prefazioni o postfazioni o appendici o paragrafi non utilizzati.
 Sono fondi di bottiglia. Frutti, se non esotici, alquanto rari e legati a incontri occasionali, quelli che i gaudenti o viveurs anglofoni chiamerebbero one night stand e che qui nascono, per lo più, dalla improbabile collaborazione, negli anni dal 1983 al 1985, a un giornale quotidiano romano che, anche a prima vista, si sarebbe detto, per me, poco congeniale, se non ostile, e tuttavia resomi “palatabile”, per così dire, dall’amico Antonio Altomonte, che ne curava all’epoca la pagina culturale, con un’apertura mentale indispensabile al buon romanziere e all’acuto osservatore della cangiante realtà italiana che egli era.
 Gli piacevano i “corsivi” di Odisseo, uno dei miei numerosi pseudonimi; ne apprezzava l’ironia, le sciabolate, ma anche l’autoironia. Non potevo certo dirmi un collaboratore de “Il Tempo”. Non ero sulla stessa lunghezza d’onda. Ma scrivere sotto pseudonimo veniva incontro a quella voluttà dell’inganno che, fra tutti i miei demoni, è forse il più inoffensivo e insieme il più divertente.
Prefazione
[ISBN-978-88-89756-48-5]
Pagg. 112 - € 9,00
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