Antigone, che invoca contro Creonte tiranno di Tebe le “non scritte ed incrollabili leggi
dei Celesti, che eterne vivono e niuno conosce il dì che nacquero”, è il simbolo di tutti i popoli, della gente comune
ostinata a credere nell’esistenza del diritto naturale, di un immutabile ordine superiore, metro di misura del giusto e
dell’ingiusto. Analogamente Creonte, che le vieta di dare sepoltura al fratello, perché caduto combattendo contro la
patria, rappresenta la lunga schiera dei tiranni che, come lui, pretendono di “qualsiasi legge imporre sui morti e sopra
noi pur vivi”.
Oggi però di fronte ad Antigone si erge, ben più pericolosa di tutti i despoti che l’hanno
preceduta, la più recente incarnazione della democrazia (definita dall’autore “zapatera” dal nome del suo maggior
rappresentante politico attualmente in carica), quella democrazia che, inquinata dal relativismo etico, pretende di
attribuire valore universale al proprio meccanismo maggioritario e di far coincidere la giustizia con la
mutevole volontà della maggioranza secondo lo slogan zapateriano “in una democrazia giusto è quanto la maggioranza rende
tale”.