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Maine de Biran
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Marie-François-Pierre Gontier de Biran, noto con lo
pseudonimo da lui stesso adottato di Maine de Biran
(1766-1824), è stato un filosofo e psicologo francese.
Amico di Cabanis, di Destutt de Tracy e di altri idéologues,
dai quali si allontanò abbastanza presto, ricusando il
sensismo e gli obiettivi riduzionistici di Condillac, andò
via via elaborando una propria psicologia della soggettività
tanto da essere oggi riconosciuto come uno dei padri
fondatori dello spiritualismo francese. La critica
dell’«abitudine» come criterio esplicativo conduce il filosofo
a individuare nello sforzo motore volontario il «fatto
primitivo» della vita della coscienza. L’abitudine, secondo
Biran, tende a ridurre a passività e a meccanicità l’attività
conoscitiva, a smorzare la parte attiva che noi vi
prendiamo, rivelando la presenza, nell’essenza stessa
della vita, di un dualismo irriducibile fra automatismo
ripetitivo e attività originaria, di cui lo sforzo è il correlato
essenziale. L’io è una forza iperorganica, cosciente di sé
solo in quanto, incontrando resistenza, muove gli organi
corporei. Questo lo porterà a condannare la «meccanizzazione
» dell’agire, i comportamenti abitudinari che ci fanno
scivolare verso la dimensione sensitiva a scapito di
quella intellettiva.
Nel 1818 inizia la fase «religiosa» dell’autore, che si
consacra all’introspezione e alla confessione interiore,
trovando nel «senso intimo» dell’uomo la coscienza di Dio
che gli si rivela. L’originalità di Biran, secondo
Michelangelo Ghio, uno dei suoi appassionati esegeti
italiani, sta nella possibilità di fondare uno spiritualismo
«cristiano» capace di superare la raffigurazione sensistica
della coscienza o la sua riduzione ad astratta costruzione
logica. Al periodo giovanile caratterizzato da una «filosofia
della sensazione» corrisponde un periodo centrale
volto all’elaborazione della dottrina dell’effort, punto di
congiunzione fra soggettività e oggettività, fra attività e
passività, mentre gli ultimi anni sono impegnati nella
ricerca di elementi per una «filosofia della religione»,
miranti all’affermarsi della dimensione spirituale e mistica,
vista non come la negazione ma come l’alternativa
alla vita razionale, come il suo naturale superamento. Se
Merleau-Ponty e Paul Ricoeur, a diverso titolo, si rifaranno
a Maine de Biran quale precursore della fenomenologia,
le odierne ricerche delle neuroscienze tendono a
consuonare con le sue circa la teoria della conoscenza,
soprattutto quando affermano che la percezione e l’azione
sono strettamente intrecciate fra loro e che non è possibile
percepire il mondo prescindendo dall’elemento motorio.
Fra le sue opere di maggior rilievo, oltre all’Influence
de l’habitude sur la faculté de penser (1802), da cui è
tratta la presente Introduzione, ricordiamo De
l’aperception immédiate (1807), i Rapports du physique
et du moral de l’homme (1811), l’Essai sur les fondements
de la psychologie (1812), le Nouvelles considérations sur
les rapports du physique et du moral de l’homme (1820) e
i Nouveaux essais d’anthropologie (1823-24). Particolare
importanza riveste il Journal (1814-1824), che permette
di seguire dall’interno lo sviluppo del pensiero biraniano
maturo.
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