Enrico Annibale Butti (Milano, 19 febbraio 1868 - Milano, 25 novembre 1912) studiò giurisprudenza a Modena, ma fin dall’inizio preferì dedicarsi alla letteratura e al teatro. Fu malato di tisi, che lo accompagnò per tutta la vita fino alla morte nel 1912. Dal 1892 al 1897 scrisse romanzi psicologici, caratterizzati dal dualismo sogno/realtà e dalla differenza di vedute tra gli ideali dei padri e quelli della nuova generazione. Queste tematiche furono riprese nei suoi drammi, grazie ai quali divenne famoso e noto nell’ambito culturale italiano, tanto da venire definito l’“Ibsen italiano”, grazie all’enorme influsso del drammaturgo norvegese che si riscontrava nelle sue opere. D’altra parte, fu l’unico drammaturgo italiano ad occuparsi di temi religiosi e morali nel teatro borghese a cavallo tra Otto e Novecento. I suoi capolavori teatrali sono considerati L’utopia, Lucifero e Fiamme nell’ombra. Nel 1910 scrisse Il castello del sogno, poema tragico in quattro canti in endecasillabi sciolti, il suo unico dramma in versi, rappresentato postumo con scarso successo. Toccò con buoni esiti anche il genere fantastico, in particolare con il romanzo L’anima e con il racconto Il diavolo alla festa.