ANTONIO CAPECE MINUTOLO, Principe di Canosa (1768-1838), campione del pensiero tradizionalista, appartenne a una delle più antiche famiglie del Regno di Napoli. La sua esistenza fu particolarmente travagliata: durante la Repubblica Napoletana rimase a Napoli, difendendo le antiche strutture politiche del Regno; fu incarcerato prima dai giacobini e poi, al ritorno del Re, dagli invidiosi che lo accusarono di aver voluto creare una “repubblica aristocratica”. Ciononostante, quando Napoleone pose il fratello Giuseppe sul Trono di Napoli, egli si prese una «vendetta da cavaliere» e si schierò, rinunciando a tutto, dalla parte di Ferdinando di Borbone, combattendo per lui in Calabria, cercando di organizzare da Ponza la riconquista di Napoli, facendogli da ambasciatore – a proprie spese – in Spagna.
Fu due volte Ministro di Polizia, in periodi cruciali (nel 1816, subito dopo la Restaurazione, e nel 1821, dopo i moti carbonari) ma in entrambi i casi per brevi periodi, perseguitato dall’invidia dei meschini colleghi. Rifiutando il ruolo di consigliere, incarico ben remunerato, ma senza possibilità di agire concretamente, preferì vivere in esilio, nonostante le ristrettezze economiche, dedicandosi a combattere con la penna.
Egli divenne così il massimo rappresentante del pensiero politico tradizionale napolitano ottocentesco, ma fu condannato alla damnatio memoriae dalla storiografia risorgimentale.